lunedì 2 gennaio 2012

Stai sconnesso!

13   11   2011
Anche e soprattutto i modi di dire esprimono un tempo, un clima culturale, uno Zeitgeist. “Prelevare” i soldi dal bancomat fa macabramente pensare a un prelievo del sangue. Una pubblicità diceva un prezzo specificando: “Tramonto incluso”, nella cupidigia, non tanto ironica, ahimé, di includere simbolicamente anche i tramonti tra le merci monetizzabili.
Allo stesso modo, ci è ormai stata inoculata in modo permanente questa ossessione dell’ “essere connessi”.
Gli insegnanti sanno che ormai per molti ragazzi/e è veramente difficile, almeno a ché non glielo abbiano già insegnato eroicamente i genitori, con grande costanza e grandi sacrifici, è veramente difficile per loro tenere il telefonino spento per più ore di seguito. E’ come se, nel loro inconscio, il cellulare acceso corrispondesse al loro cuore: spegnerlo equivale alla morte. Anche perché a quell’età, giustamente e normalmente, gli adolescenti e i preadolescenti in particolare, sono così legati alle dinamiche del gruppo, da un lato, e ai primi amori dall’altro, che ricevere un messaggio in ritardo può essere vissuto o da loro stessi/e o dal loro o dalla loro pretendente o spasimante come un segno di poca attenzione, di poco amore, col conseguente rischio di perdere per sempre il principe azzurro o la bella addormentata.
Ma finché questo valesse solo per gli adolescenti, e solo per il cellulare, saremmo già a buon punto.
No, il punto è un altro. Ormai, con le tecnologie wi-fi, che, ahimè si dà troppo facilmente per scontato che non diano alcun effetto sul corpo, (così come i forni a micro-onde) e, per quelli che ci credono, anche sui corpi sottili, c’è la possibilità per tutti e per tutte di essere continuamente connessi non solo telefonicamente, ma a internet.
Presto, naturalmente, chi non avrà la possibilità, o deciderà di non usufruirne, sarà considerato un troglodita, uno che si perde la cosa più bella del mondo: essere costantemente in contatto con tutto e con tutti, con tutte le notizie, tutti i giochi, tutte le partite, tutti i pettegolezzi su Belen e Corona, sul grande fratello, sulle isole dei famosi, o anche sui pettegolezzi politici che danno la (pia) illusione ai più intellettuali di essere aggiornati su qualcosa di più reale e rilevante, solo perché anziché di bestemmie, di nominati e di tronisti si parla di spread e di debito pubblico, di patrimoniali e di privatizzazioni, anche quando in realtà di essi non si sa proprio un bel nulla. Perché siamo giunti a questo punto, a questa dipendenza dal mondo esterno, e dalla possibilità che gli altri ci contattino in qualunque momento?
Beh, molto freudianamente e quindi pansessualmente, quando i cellulari non erano ancora così onnipresenti e ahimè onni-squillanti come oggi,
in una vecchia reclame una bellissima ragazza conosceva un ragazzo e gli chiedeva il numero di cellulare. Lui, non avendo il cellulare, doveva darle una decina di diversi numeri di telefono e i rispettivi orari ai quali, forse, lei avrebbe potuto trovarlo. Non penso di dire niente di strano affermando che, ce ne rendiamo conto o no, dietro questa ossessione della “connessione”, fosse solo telefonica o ancora più diabolicamente “internettistica”, ci sia questo genere di motivazione. Ma non solo. Tutti desideriamo non solo avere un amore o un/a partner o più banalmente/semplicemente/rudemente delle relazioni sessuali, ma non solo.
Tutti noi desideriamo amici e amiche, relazionarci agli altri, e ovviamente anche stare in contatto costante coi nostri cari. Purtroppo, anche qui c’è il risvolto della medaglia.
L’idea di poter restare in contatto coi nostri figli o genitori, talvolta, diventa un’ossessione e un’ansia patologica che non sia loro accaduto niente.
Un’antica storiella indiana racconta che gli dei, non sapendo dove nascondere la parte più preziosa degli esseri umani, perché non la trovassero, la nascosero proprio dentro loro stessi.
Non ricordo perché Dio o gli dei avrebbero dovuto nascondere questa parte, ma è proprio così.
Tutti i mistici, i Buddha, i  Cristos della storia ci hanno sempre detto: conosci te stesso, scopri il tuo volto originale. Ciò che il simpatico Carlo Verdone ridicolizzava col famoso: “La risposta è dentro di te. E sarà sempre sbagliata”!
In verità, la risposta sempre sbagliata è quella che cerchiamo sempre fuori di noi.
Qualunque cosa pur di sfuggire a noi stessi.
Il gioco d’azzardo. Le partite. La televisione. I commenti, link, post, eventi di facebook. La politica.
Se avessimo delle vite “realizzate” non passeremmo 4, 6, 8 ore al giorno né su facebook né a guardare la tivù, né a scaricare canzoni né a giocare ai videogiochi.
Tutta la nostra vita è impostata sul continuo sfuggire a noi stessi, per dimenticare i nostri vuoti esistenziali, le nostre frustrazioni, insicurezze.
Ma se siamo sfigati, non sarà un videogioco e neanche la nostra squadra che vince lo scudetto a renderci più felici. Se non riusciamo a farci amare da chi incontriamo nella vita reale, che siano i/le colleghi/e o chi si incontra a una festa, non è avendo 5000 amici in facebook o in twitter che diventeremo più degni di stima e più attraenti. Al contrario. Qualche mese fa una coppia mi pare coreana ha fatto morire di fame il loro bambino, vero, per occuparsi di un bambino virtuale in un gioco in internet.
Purtroppo è successo veramente. Così come succede sempre più spesso che psicopatici si mettano a compiere carneficine, o più “semplicemente” si ammazzino, pubblicizzano e preannunciando la cosa in internet, facebook o youtube, nei casi più tragicamente diabolici sincronizzando il gesto con la pubblicazione in rete, in modo da non poter essere fermati.
Stare s-connessi da internet vuol dire in realtà stare connessi col mondo che veramente ci sta intorno.
Stare s-connessi da internet, e per certi aspetti anche dal telefonino, vuol dire stare connessi con noi stessi. Non fuggire da noi stessi. Vuol dire occuparci di noi stessi.
Vuol dire amarci. Vuol dire fare ciò che ci piace, ciò che vogliamo, ciò che veramente desideriamo.
Non siamo mai indottrinati dal mondo esterno a suonare, a scrivere, a leggere.
Siamo indottrinati a seguire il calcio, a fissarci con veline e tronisti e bamboccioni/e di cui non sappiamo nulla e che, ci viene insegnato, in un modo molto più subdolo di quanto possano fare gli insegnanti coi loro modesti mezzi, ci viene insegnato che devono essere loro i nostri modelli. Se sei come il tronista, come la bellona rifatta che si prostituisce a 18 anni, sei fico. Sei fica. Certo, non tutti/e arrivano a questi livelli di demenza. Fortunatamente ci sono molti ragazzi/e intelligenti e in gamba. Indipendentemente dalla religiosità, spiritualità, politica, filosofia, in cui credono o in cui non credono.
Ma il sistema vuole portarci a ignorare la grande letteratura, a non leggere, a non suonare, a non scrivere, a non pensare con la nostra testa. Anche quando assorbiamo dall’esterno il messaggio che siamo dominati senza speranza da massonerie diaboliche che dominano il mondo, cosa probabilmente vera, il rischio è di ricadere nella stessa passività e amorfismo. Tanto, che a capo del mondo ci sia Barak Obama o Rotschilde, cosa potrà mai cambiare?
Se impariamo a restare il più possibile liberi dai loro consusmi imposti, dalle loro ideologie di guerra, dai loro miti imbecilli della crescita economia infinita, dalla loro imposizione di “essere connessi”, sempre e comunque, come il protagonista di Orwell 1984 era ripreso dal grande fratello anche nella stanza dove viveva, allora saremo veramente ribelli. Di più, saremo liberi. Che agiscono, anziché reagire.

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