Corso
di “Psico-cineforum”, Scuola “F. Besta”, a.s.
2011/12,
prof.
De Domenico
Recensione
di “Le vite degli altri”, di Florian Henckel Von Donnersmarck
Invece al cinema quando si
riguarda per la decima volta… un film che ormai si conosce a memoria… si comincia
ad analizzarlo nei dettagli e si impara molto
Francois Truffaut
Hauptmann Gerd Wiesler = agente
della Stasi
Christa-Maria = l’attrice teatrale
Laslo Georg Dreyman = lo
scrittore-sceneggiatore
Oberstleutnant Grubitz = il
diretto superiore di Wiesler
Minister Bruno Hempf = il ministro
Paul Hauser = regista estromesso
Albert Jerska = il regista estromesso
L’inizio è una scritta bianca su
sfondo nero, e ci informa dell’ambientazione, del momento storico. La Glasnost
è il processo di trasparenza avviato da Gorbaciov, allora presidente
dell’Unione Sovietica, che portò la trasformazione delle dittature
pseudo-comuniste (in realtà con un regime di capitalismo di Stato) in
democrazie più o meno liberali e liberiste, seppure contro il suo volere, con
tutti i pro e i contro del caso.
E’ un avvio che ci annuncia uno
stile sobrio, documentaristico, ci ricorda che parla di storie vere, anche se questa
in particolare è inventata, ma sicuramente non inverosimile. Nei contenuti
speciali del film il regista ci dice che la moglie dell’attore protagonista,
(Wiesler), con la quale aveva avuto un figlio, era un’informatrice della Stasi.
La scritta è stilizzata secondo i
caratteri delle vecchie macchine da scrivere, questo
ci rimanda a un nodo cruciale del
film.
Il dialogo che segue è un piccolo
capolavoro di illustrazione di tecniche di lavaggio del cervello:
-
Non ha fatto niente, non sa niente. Di conseguenza
crederà che noi arrestiamo integerrimi cittadini per puro capriccio.
-
No, io…
-
Se ci considera così poco rispettosi dei
diritti umani avremmo fatto bene ad arrestarla anche se non ha fatto niente.
Questa affermazione pone
l’interrogato in una condizione paradossale, senza via d’uscita: o
l’interrogato si confessa colpevole, o si dichiara innocente, ma anche in tal
caso rivelerà la sua colpevolezza, perché se dubita così fortemente del suo
Sato è chiaro che ne è nemico. La comunicazione paradossale è stata a lungo
studiata dagli psicologi (e non solo) sistemici, Watzlawick, Beavin, Jackson e
altri in “La pragmatica della comunicazione”, definendola come una delle
concause che, a lungo protratte nelle famiglie, pur senza il volere dei
genitori, può portare a gravi disturbi psichiatrici, schizofrenia compresa.
Essa però può essere e viene utilizzata anche nella cura, stabilendo un
“doppio-legame terapeutico”.
Quando uno degli studenti,
rendendosi sospetto, chiede francamente se non sia disumano tenere sveglio così
a lungo il detenuto, Wiesler segna il suo cognome: anche lui potrebbe essere un
nemico. Poi risponde:
-
Un innocente diventa tanto più furioso quanto
più a lungo prolunghiamo il suo fermo, perciò grida e minaccia. Col passare
delle ore il colpevole diventa più tranquillo. Non parla, o piange. Sa che
l’arresto è giustificato. Quando si vuole capire se qualcuno è innocente o
colpevole il modo migliore è continuare a interrogarlo finché non ne può più.
Ancora, l’interrogato è
considerato colpevole in quanto ripete sempre le stesse cose.
Qualunque cosa faccia,
l’interrogato è colpevole. Non viene considerato il fatto che in uno stato
dittatoriale gli amici di chi è appena fuggito si sentirebbero comunque
indiziati di averlo aiutato, e sarebbero terrorizzati di essere stritolati in
una macchina oppressiva. E’ un meccanismo molto simile a quello
dell’Inquisizione medioevale e rinascimentale (sono state bruciate più
“streghe” ed eretici dal ‘500 in poi, per contrastare la Riforma): o la strega
confessava, oppure, se ancora non confessava, dopo tante torture, era segno che
certamente il diavolo la stava aiutando: infatti torturarla fino alla morte e
finché confessava e rinnegava il demonio era, dal punto di vista degli
inquisitori, nell’interesse dell’anima della strega.
Quando Grubitz lo va a trovare,
Wiesler lo apostrofa schiettamente: “Cosa ti serve?” …. Sa già dove il
superiore vuole arrivare. Sa che non è un amico e che se è andato a trovarlo
c’è un motivo “concreto”.
Scena del teatro: la
caratteristica più bella del film è che si svolge su almeno tre piani di
recitazione, che corrispondono ognuno a un livello di realtà:
1) il
piano più ovvio in ogni film: il fatto di dover recitare per raccontarci la
loro storia.
2) il
piano della recitazione teatrale all’interno del film (il teatro nel film);
3)
il piano della storia del film (sceneggiatura),
che descrive l’evolversi della vicenda, in cui ognuno deve recitare una parte
davanti agli altri per averne dei vantaggi e soprattutto per non subire degli
svantaggi;
Il film è strutturato in modo
che questi diversi piani si mescolino continuamente tra di loro, coinvolgendo
anche noi nel dilemma: quanto, giorno per giorno, siamo ‘veri’, e quanto
recitiamo?
Per semplificare: se sono un
attore e saluto uno perché è un regista, anche se mi è antipatico e non vorrei
salutarlo, sto ‘recitando’ nella vita reale. Se lui poi mi dà una parte
teatrale, dovrò recitare in questa parte secondo dei canoni teatrali, quindi
sarà come scendere a un altro tipo/livello di recitazione. Se infine all’interno
nella commedia o dramma teatrale si parlasse e si inscenasse la costruzione di
un film avremmo un altro livello ancora. Chiamasi quest’ultima modalità: “Il
film nel film”, dove la narrazione per lo spettatore si intreccia con una
ulteriore narrazione all’interno del film, subordinata a quella principale.
Alcuni esempi di “film nel film”:
“Effetto notte” (Truffaut), “Otto e mezzo” (Fellini) e “Il Caimano” (Moretti).
Qui, come nel capolavoro:“Vogliamo vivere”, di Ernst Lubitsch, abbiamo il
teatro all’interno del film.
Nella prima scena svoltasi nel
teatro abbiamo un esempio dell’intrecciarsi di questi livelli: Grubitz, il
diretto superiore di Wiesler, ha appena detto che Georg Dreyman è sicuramente
“pulito” da ogni sospetto. Poi, appena presentatosi al ministro, comincia con
la retorica di partito, che invece non usava col suo subordinato.
“Siamo scudo e spada del
partito”! E quando quello gli chiede di Georg dice subito l’esatto contrario di
quanto ha affermato poco prima, per soddisfare la sottintesa richiesta del
superiore. “Se troverà qualcosa contro di lui avrà un grande amico nel
comitato centrale”. Georg è già condannato. Non importa la verità, se sia
innocente o colpevole: bisogna trovarlo colpevole, e Grubitz ne avrà dei
vantaggi.
Il ministro Bruno Hempf interrompe bruscamente la musica e la danza
di Georg e di Christa-Maria: è rivelatore e annuncio di quanto avverrà nel
film. Egli è viscido, rozzo, non ha alcuna armonia, gentilezza, delicatezza, sa
solo avvalersi del suo potere per imporre i suoi istinti più elementari con
meschinità e prepotenza.
Hauser ricorda che la definizione
di “ingegnere dell’anima”, con tanta enfasi appena ricordata dal ministro, è di
Stalin. E’ ovvio che c’è del sarcasmo in questa osservazione. Hauser, in tal
modo, gli ricorda che è uno stalinista.
Il dialogo tra Georg e Hempf rivela già il compromesso in cui si trova a
dibattersi.
Ha accettato di far dirigere la
sua opera da un regista accettato dal regime, perché il suo amico ha subito un
“divieto di lavoro”, espressione ufficialmente vietata e che si lascia
scappare.
In sequenza vediamo una scena
della triste, deprimente, squallida vita di Wiesler, che ascolta i telegiornali di regime, mentre
mangia, solo, in una casa cupa e deprimente quanto lui, e subito dopo Georg
Dreyman, lo scrittore, che gioca gioiosamente coi bambini, e poi corre dalla
fidanzata.
Le due scene si svolgono in tempi
diversi, una di sera, l’altra di giorno, proprio per indicarci che la messa in
sequenza dei due momenti non è dovuta a necessità narrative del racconto, ma
proprio all’intento del regista di confrontare i due protagonisti.
19° minuto: immagini “in
soggettiva”, perché viste dai vicini, dallo spioncino della porta. (poi in modo
più evidente nel 21° minuto)
21:22 immagine molto piccola e
oppressa e circondata da travi che sembrano incombere su Wiesler, annunciano
una situazione di difficoltà.
Jerska condivide la casa con
altri perché non può permettersi di vivere da solo: la sua condizione
lavorativa influisce pesantemente anche sulla sua quotidianità e vita intima.
25° minuto: “Ho parlato con
lui della tua situazione, non la vedo così male, mi ha dato delle speranze,
speranze molto concrete”.
Qui Georg deve recitare a più
livelli:
1) il livello più elementare:
recitare come attore in un film,
2) recitare una parte, nel senso
di mentire con l’amico Jerska. Questa esigenza gli nasce spontanea dal vedere
la sua disperazione. Gli dice che ci sono delle speranze che lui torni a
lavorare, ma sa che non è vero.
3) Per poter dire la bugia
all’amico egli deve prima di tutto mentire a se stesso.
Quindi in questi momenti vediamo un attore che in un film recita per
noi nel ruolo di un uomo che sta recitando per dare una falsa speranza a un
amico, e che per convincersene deve anche recitare nel senso di mentire a se
stesso.
Quando Maria Christa gli chiede
se Jerska verrà alla festa lui risponde che ha dimenticato di chiederglielo: in
realtà anche lui è combattuto, ma al momento è più incline a servire il potere
e a non mostrarsi troppo vicino ai dissidenti, quindi, “freudianamente”,
dimentica di rinnovargli l’invito alla festa. (Atto mancato)
La cravatta: non la indossa
perché è un simbolo della borghesia.
E’ un modo semplice ed
efficace per dire che lui non “recita la parte del socialista”: ha realmente
degli ideali socialisti. Il piccolo episodio del nodo alla cravatta è un
altro modo per raffigurare come tutta la nostra vita sia costellata di piccole
bugie innocenti anche con le persone che amiamo.
“Credo di conoscerti e tu
riveli qualità nascoste”.
-
E non sai quante altre ne nascondo.
Altro accenno all’illusione di
conoscere l’altro che subito dopo si rivelerà in una forma più drammatica:
Maria prende psicofarmaci di nascosto al fidanzato.
Hauser: “Prima o poi dovrai
prendere una posizione, se sei un uomo”.
L’amico gli rinfaccia apertamente
la sua ipocrisia e la sua compiacenza verso il potere. Subito dopo Georg apre
il regalo di Jerska: lo spartito “Sonata per le persone buone”.
Anche qui abbiamo in sequenza il
richiamo a una definizione precisa: le persone buone. E’ una posizione chiara e
semplice che sembra voler fare piazza pulita di tutti i sofismi, i relativismi,
tutte le filosofie che in nome di soggettivismi, giustificazioni e
contestualizzazioni varie rifiutano di definire ciò che è bene, e “i buoni” che
lo seguono, e ciò che è male, e dunque i “cattivi”.
“Perché qui? Il tavolo dei
dirigenti è laggiù!”
-
“Cominciamo a comportarci da buoni
socialisti”.
In queste parole c’è tutta la
psicologia di Wiesler e del suo superiore.
Grubitz vuole godere del suo
status di privilegiato, Wiesler, invece, coerente coi dettami del socialismo,
che esclude la divisione della società in classi, rifiuta ogni privilegio.
“Aiuteremo un membro del comitato centrale a
liberarsi dei suoi avversari”
Poi gli ricorda che questo
aiuterà entrambi nell’avanzamento di carriera. Implicitamente gli ribadisce di
trovare qualunque cosa a carico di Georg.
L’unico vero avversario del
ministro è il povero Georg, solo perché lui è amato dalla donna che il ministro
ricatta. L’affermazione di Wiesler sullo scudo e spada del partito, e la
risposta di Grubitz, sono entrambi ormai persino didascaliche, cioè illustrano
in modo fin troppo esauriente l’anima idealista di Wiesler e quella
opportunista di Grubitz.
La scena al 38° minuto è un altro
ineffabile gioco di specchi: l’agente della Stasi viene colto in fallo dal
superiore a deridere lo stesso apparato di potere che serve, il superiore lo
esorta a continuare la barzelletta, l’agente continua, fingendo buon umore solo
perché costretto. Il superiore prima ride, poi lo minaccia, rientrando nel
ruolo di difensore del partito, ma forse più per il gusto di umiliare e
minacciare un altro essere umano, poi ritorna a scherzare e a recitare la parte
del superiore comprensivo. Ma si è informato sul nome dell’agente, quindi è
come se lo avesse reso più vulnerabile. Il subordinato non potrà sapere, se non
accorgendosi delle conseguenze, se e quando il ministro lo denuncerà. E
comunque sentirà sempre questa nuova minaccia incombente. Un illustrazione in
piccolo di come funziona il potere negli alti livelli della politica, coi
ricatti e coi dossier, e non solo nelle dittature.
Vi consiglio vivamente di
ascoltare tutti i contenuti speciali del regista in cui lui descrive i mille
retroscena, motivazioni, decisioni e problemi di ogni scena, ma vi riporto, per
farvene un esempio, solo queste righe:
“Ho dovuto lottare duramente
per questa scena – spiega che ogni scena costava di più e il budget era
limitato, la casa di produzione gli chiedeva di tagliare questa ed altre scene
non direttamente necessarie alla storia, come quella del bambino con la palla…
–
“… ma secondo me il lusso comincia dove
finisce il necessario. Volevo che questo film fosse lussuoso e che mostrasse la
bellezza e la vastità della vita. Volevo che il pubblico avesse la sensazione
che vivere è interessante e che è meglio vivere che uccidersi. Perciò dovevo
dare al pubblico più del necessario per capire la storia. Questa scena era
importante per me e quindi ho lottato per lei come un leone ferito!”
La scena dello stupro: non si può
che definire così perché è evidente che Maria è costretta a prostituirsi col
ministro sotto il ricatto di non lavorare più né lei né il suo uomo.
La viscidezza e disgustosità del
ministro appaiono in tutto il loro orrore: dopo aver costretto Maria a salire
le dice che lui si preoccupa “del suo bene”, ma se lei non acconsente lui gli
impedirà per sempre di lavorare, e per giunta ipocritamente le dice che se
vuole può scendere. Maria mostra con la sua tensione e coi movimenti di tutto
il corpo la sua opposizione e il suo ribrezzo viscerale verso il ministro.
Dopo essere stata costretta a un
rapporto sessuale dal ministro si lava per attutire la sensazione di essere
sporca dentro. Georg è distrutto dalla presunta verità che ha scoperto. Non sa
in realtà che lei è ricattata e accetta tutto anche per il suo bene di lui.
Ne nasce un solco tra i due che
si protrarrà per tutto il film.
La scena della prostituta. Perché
il regista sceglie una prostituta brutta e grassa?
Dobbiamo credere che nella
Germania dell’Est non esistessero prostitute belle? O che i dipendenti dello
stesso ministero dell’interno, (o l’equivalente) non potessero permettersele?
No. Il regista sceglie di girare questa scena così per indicarci lo squallore
psicologico ed esistenziale in cui versano quegli uomini e in genere tutti gli
uomini (e le donne) al servizio di un potere malvagio e tirannico. Anche per
questo la donna dice che era già dentro il palazzo dei dipendenti del
Ministero, che non avendo alcuna attrattiva e nessun fascino per attirare donne
non mercenarie, si devono accontentare di prostitute, o peggio ricorrere ai
ricatti e alle minacce, come il ministro stesso.
Wiesler chiede alla prostituta di
restare anche dopo la fine del rapporto, per cercare almeno un residuo di
rapporto umano, che non ha con nessuno e con nessuna.
E’ il profilo psicologico di un
uomo totalmente e desolatamente solo, chiuso nella sua ideologia.
La poesia di Brecht: la bellezza
ormai si è insinuata come in un virus nella mente di Wiesler, rappresentata tra
l’altro dalla soffitta in cui lui è costretto a fare i conti con se stesso, col
suo inconscio, col fatto di stare servendo un potere che scopre sempre più
meschino e indifendibile, sempre più lontano dagli ideali in cui credeva.
Perché mentre legge non ha un
cuscino? E’ una posizione visibilmente scomoda, che indica il suo disagio
interiore, la sua lacerazione interiore, che egli tuttavia accetta, Perché è
uno e che crede in quello che fa, e quando comincia a non crederci più vuole
andare fino in fondo. Inoltre è un duro, uno abituato ai sacrifici in nome di
ideali più elevati. L’ideale che sta seguendo, in quel momento, è la bellezza e
la purezza, anziché un finto comunismo.
51° minuto: mentre Laslo Georg
suona la sonata per le persone buone, dopo avere appreso del suicidio di
Jerska, Wiesler è commosso, la cinepresa gli gira intorno per poter rivelare,
pian piano, che sta piangendo, e anche il suo respiro è profondo, con tutto
l’addome, la sua mimica facciale rende con pochi micromovimenti il suo
sconvolgimento di fronte alla bellezza della musica.
Georg cita Lenin sulla musica di
Beethoven: “Non devo ascoltarla o non terminerò la rivoluzione”. E’ una
condanna inappellabile per tutti i politici di tutti i tempi.
La razionalità e la durezza della
politica ci costringono ad alienarci alla parte più bella e più profonda di
noi, quella dove risiedono ogni fantasia, creatività e amore per la bellezza. E
solo così è possibile arrivare a perpetrare quei massacri di cui anche Lenin si
macchiò. Pur essendo figure completamente diverse (e certamente più simpatico
Lenin), è interessante ricordare che il ministro della propaganda nazista
Goebbels si era innamorato di una ballerina straniera e per questo stava per
lasciare il partito nazista.
53° minuto: “Mio padre dice
che sono degli uomini tanto cattivi che mettono la gente in prigione!” A
queste parole Georg reagisce inizialmente col suo tipico “riflesso condizionato
di sbirro”: “Come si chiama tuo papà?” Poi invece emerge la sua parte
più profonda ormai in tumulto che non accetta più di servire un potere malvagio
e per esso tormentare gli altri: sta diventando una persona buona. Allora
cambia idea e chiede al bambino non più il nome del papà ma quello della palla.
Perché in lui è come se si combattessero un dottor Jeckyl e un Mr Hyde, e non è
sicuro che non denuncerà il nome del papà del bambino, se dovesse saperlo.
Il dialogo tra il 56° e il 57°
minuto tra Laslo e Maria, quando lui la implora di non andare col ministro,
rivela il profondo intreccio tra la bassa autostima, il ricorso alle droghe,
legali o illegali, l’accettazione dei soprusi cui la società ci può
costringere, anche verso noi stessi, o il nostro compiacere consapevolmente il
potere per averne un tornaconto, indipendentemente dal nostro reale merito.
E’ un dialogo assolutamente
attuale anche in ogni democrazia.
Wiesler è completamente assorto
nell’ascolto, in uno stato meditativo, quando interviene il subordinato,
stavolta maledettamente puntuale, che con la sua volgarità lo distoglie
violentemente da quello stato di intimo rapimento.
59° minuto: l’ingresso del bar ha
visibilmente le tende di un sipario teatrale. Si annuncia il “teatro”
all’interno del film tra Christa e Wiesler.
“L’ho vista recitare a teatro,
e sul palcoscenico lei era la stessa che adesso. Era così com’ è adesso”.
Lui non glielo può rivelare, ma ‘così com’è adesso’ vuol dire che era così come
lui la sta conoscendo nella sua intimità, spiandola segretamente.
-
“E lei sa come sono?”
-
“Io sono il suo pubblico”.
Ognuno di noi è un attore/attrice
con gli altri/le altre, ed è pubblico per tutti gli altri/le altre. Quando lei
gli racconta la bugia della vecchia amica, Wiesler le risponde che in quel
momento è una cattiva attrice, è come se lui le rivelasse chi è: lei per tutta
risposta si toglie gli occhiali e le chiede che fine farà. Lui le risponde come
Gerog: lei è una grandissima attrice e non deve vendersi al potere.
1°04”. Dopo che Maria decide,
dopo il colloquio con Wiesler, di non andare all’appuntamento col ministro,
Laslo dichiara che adesso troverà il coraggio di fare qualcosa. Si riferisce a
un’azione concreta contro quel governo che ha fatto suicidare il suo amico e
che costringe la sua donna a prostituirsi con uno dei suoi ministri.
La certezza di non essere solo
gli darà la forza di agire.
1°08”. Laslo decide di passare
dall’altra parte della barricata con l’articolo sui suicidi. Insieme agli amici
scendono una gradinata e dietro di loro si vede una specie di mausoleo, forse
per indicare che la sua parte vile e servile è morta?
Il fatto che Wiesler lasci
scappare Paulus dalla frontiera ha una doppia valenza:
1)
da un lato ormai anche lui parteggia con i dissidenti;
2) denunciare
Paulus significherebbe svelare a Georg di essere spiato, e questo sarebbe
negativo anche per la sua parte
ancora ‘poliziesca’, che vuole restare nascosta,
3) infine, e
soprattutto, sta diventando un complice di Georg, e fargli scoprire che anche
casa sua è sotto controllo porrebbe fine a questa avventura che è iniziata
all’interno di se stesso e che ormai è deciso a continuare fino in fondo.
Da 1°13” a 1°19” Per la prima
volta Wiesler mente deliberatamente nel rapporto, Successivamente “copre”
Hauser con la menzogna dell’opera teatrale per il 40° della DDR. Questo perché
Grubitz fa un errore imperdonabile: racconta a Wisler delle torture inflitte
agli artisti, in questo caso torture psicologiche, più che fisiche, che
infliggono loro un trauma permanente e irreversibile dal quale non si
riprenderanno più. E’ la goccia che fa traboccare il vaso: Wiesler è ormai
troppo affezionato a Georg e a Maria per temere di causargli delle sofferenze
simili. Anche lui come Georg è ormai dall’altra parte della barricata, e decide
di nascondere i reati d’opinione di Laslo. Nasconde la busta che aveva portato
a Grubitz.
Ma Grubitz intuisce che c’è sotto qualcosa e tira fuori
il sigaro, simbolo fallico di potere.
1°24” Maria dice: “ Potrei
essere poco affidabile come ritengono i tuoi amici”.
-
Noi saremo sempre uniti, il resto non conta.
In Georg come in Wiesler, come in
Maria, ci sono sempre delle parti di sé che lottano tra di loro, l’una per la
solidarietà, la giustizia, la lealtà innanzi tutto con se stessi, l’altra per
l’autoconservazione e per la via (e la vita) più comoda. E da quest’ultima
parte di sé, Maria ne è consapevole, bisogna guardarsi e farle sapere meno il
possibile perché potrebbe prendere il sopravvento.
La scena del ministro, sul suo
letto con la coperta di lana militaresca, dura pochi attimi ma è indicativa
della sua solitudine disperante, paragonabile a quella di Wiesler che ricorreva
alle prostitute.
Dopo che Maria non ha più ceduto
al ricatto di Hempf , questi dice chiaramente a Grubitz che non la vuole più
rivedere su un palcoscenico, e non gli importa neanche se vivrà o morirà.
Questo per chiarire oltre ogni dubbio, se ancora ce ne fosse stato bisogno, che
Hempf non provava alcun vero sentimento nei confronti di Maria, pur essendo
attratto dalla sua estrosità, autenticità, insomma da tutte quelle qualità che
a lui, becero omuncolo stupratore di regime, mancano completamente.
Quando Hempf chiede a Maria
dell’articolo sui suicidi, lei reagisce con uno strano riso e pianto isterico.
E’ il frutto di una lacerazione tra due pulsioni contrastanti, quella di non
tradire il suo amore e quella di consegnarlo ai suoi nemici per poter
continuare a recitare. In modo simile, quando un animale è combattuto da due
desideri opposti ma di uguale forza, per esempio combattere o fuggire, può
adottare un comportamento del tutto inspiegabile in quel momento, così fanno
taluni uccelli che si lisciano le penne nei momenti meno opportuni e dai quali
può dipendere la loro vita, cioé quando si trovano di fronte a un nemico
rispetto al quale non sanno decidersi ad attaccare o a fuggire.
1°38” Quando Wiesler si presenta
al comando della Stasi viene avvisato di andare alla sala interrogatori 76: è
passato ormai dalla parte degli inquisiti, dei nemici del regime. La spalla e
il volto incombente dell’altro militare nel momento in cui gli annunciano quest’ordine
accentuano la caduta di Wiesler.
La sala interrogatori per Wiesler
è comunque più confortevole di quella dei detenuti comuni, perché Grubitz con
le minacce spera ancora di poterlo utilizzare per rimediare ai colpi subiti.
Quando chiede a Wiesler: “Stai ancora dalla parte giusta?” Lui gli
risponde “Sì!” Col volto incorniciato da una specie di aureola che pare dargli
ragione. In realtà Wiesler vorrebbe rispondergli: “Io ho sempre voluto stare
dalla parte giusta, poi mi sono accorto che era quella sbagliata, e allora sono
passato dall’altra parte, quella giusta”.
Per tutto il film, il muro di
Berlino, così come lo stipite della porta sotto cui è nascosta la macchina da
scrivere, rappresentano il confine all’interno di noi, nel quale ci dibattiamo
perennemente, tra il fare ciò che sappiamo essere giusto e il seguire la scia o
strada più comoda, quella che segue la massa, che seguono tutti.
I Muri di Berlino all’interno
della coscienza di Wiesler, di Maria, di Georg, di ognuno di noi.
“Dovrebbe pensare al suo
pubblico”: Wiesler la rimanda al loro colloquio intercorso nel bar, e
contemporaneamente si riferisce al pubblico che in quel momento ascolta fuori
della sala, al pubblico del suo teatro, a lui stesso, e al pubblico costituito
da tutti gli altri, come per ciascuno di noi. Forse è anche un messaggio in
codice. Forse le sta comunicando che lui è dalla sua parte, dalla parte del suo
pubblico, e che infine, anche se parlerà, lei e Georg riusciranno a uscirne
indenne.
Il richiamo a “quello che
lo Stato ha fatto per lei, da quando è nata”, rievoca l’indottrinamento che
nelle dittature viene subito fin da bambini, così come del resto, nel
capitalismo, ognuno di noi è indottrinato all’idea che se non segue le mode e i
dettami del consumismo (auto, telefonini, tablet, i-pod, vestiti, chirurgia
estetica, divi e calciatori, alcool e droghe, ecc.) è uno/a “sfigato/a”.
La propaganda esiste ovunque,
anche se in forme diverse.
“E stasera sarà di nuovo in
teatro. Nel suo elemento, con il suo pubblico”. Wiesler è perfettamente
conscio dell’indispensabilità del teatro per Maria, così come lo era per Jerska
e lo è per Laslo.
“Sai cosa bisogna fare quando si cade da
cavallo? Risalire subito in sella!”
E’ notoriamente vero, perché
impedisce alla paura di stabilizzarsi e di prolungarsi.
Lo stesso varrebbe per la moto,
l’auto, o per ogni altra cosa che ci abbia provocato paura. Al ritorno a casa Christa fa di nuovo
la doccia perché si sente sporca per aver rivelato il nascondiglio, per aver
tradito.
Quando Maria-Christa muore, la
sua posizione è inequivocabilmente simile a quella di un Cristo che si è
sacrificato. Nella stessa posizione cade nella vasca infuocata la Sigourney
Weaver in Alien 3, che così fa morire l’alieno dentro di sé, e anche Charlton
Eston in “Occhi Bianchi Su Pianeta Terra”. Christa-Maria assomma in sé il nome
di Cristo e quello di Maria, e Maria si chiama anche la protagonista di
“Metropolis”, di Fritz Lang, che salverà l’umanità.
Quando il muro viene abbattuto
Wiesler si alza e se ne va. Gli altri, che evidentemente lo riconoscono come
leader, anche in quel misero scantinato, lo seguono.
Lui capisce che ormai quel mondo
è crollato e con esso tutte le sue architravi del controllo e della censura.
“E sapevamo anche quando le
capitava di lasciare sessualmente inappagata la nostra Christa Maria”. Per
un simile stupratore, così ripugnante da poter pervenire all’atto sessuale solo
col ricatto, la più meschina soddisfazione è rinfacciare a Dreyman di aver
lasciato qualche volta “inappagata” Christa, come se lui, che la violentava con
le minacce di non farla più lavorare, la lasciasse invece “appagata”.
Si esprime qui un’idea della
sessualità come mero atto meccanico, scevro di ogni emotività e naturalezza,
che possono pure esprimersi, talvolta, con delle vulnerabilità, così come, per
gli altri apparati corporei, possono verificarsi indigestioni, insonnia, mal di
pancia o mal di testa.
Georg riconosce Wiesler per
strada, ma l’impatto sarebbe troppo forte per poterlo salutare con una pacca
sulla spalla e chiedergli come va. Wiesler era stato, fino a poco tempo prima,
inizialmente il suo persecutore, poi il suo salvatore.
Decide di esprimergli la sua
gratitudine, almeno per ora, con la sua arte. Dedicandogli un libro intitolato
“Sonata per le persone buone”.